Il gruppo britannico FM CONWAY Ltd., uno dei primi a conseguire in Europa la certificazione ISO 39001, ha ottenuto da parte della sua compagnia di assicurazioni una riduzione del premio annuo pari al 10%, a fronte del solo superamento dello “stage 1” di certificazione. Quanti broker e fornitori di flotte aziendali conoscono questa certificazione? E quanti fleet manager e datori di lavoro?
Nel 2012 è stata pubblicata la norma “ISO 39001 – Road Traffic Safety Management Systems”. Le organizzazioni che dimostrano di avere un sistema di gestione conforme ai requisiti di tale standard possono ottenerne la certificazione da parte un ente accreditato, in analogia alle varie norme “di sistema” (ISO 9001, ISO 14001, BS OHSAS 18001, ecc.).
La norma ISO 39001 definisce i requisiti che deve avere un sistema organizzativo mirato alla riduzione del numero di morti e del numero di feriti conseguenti agli incidenti stradali. Potenzialmente, tale sistema può essere adottato da qualsiasi tipo di organizzazione: aziende private, gestori di reti stradali, Enti Pubblici, ecc. Tuttavia, nella sostanza, i soggetti più indicati per l’implementazione di un sistema del genere sono le aziende di una certa dimensione che generano, direttamente o indirettamente, un gran numero di spostamenti stradali per motivi di lavoro.
Parlo quindi, in primis, di aziende che trasportano persone o merci, di aziende che svolgono pubblici servizi (es. gestione strade, raccolta rifiuti, aziende del tipo “global service”, ecc.) o di aziende che hanno su strada una rete vasta e capillare di persone con mansioni di natura commerciale o operativa (dalle case farmaceutiche alle compagnie di telecomunicazioni, dai gruppi bancari ai fornitori di servizi di manutenzione, ecc.).
Il contesto in materia di rischio stradale
L’inquadramento normativo e gli studi di settore
La certificazione ISO 39001 non costituisce un obbligo di legge. Lo è, invece, la valutazione del rischio stradale per i lavoratori che abbiano, nella loro mansione, compiti da svolgere su strada (con o senza l’uso di veicoli aziendali). Il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza dei Lavoratori (D.Lgs 81/2008) non cita nello specifico la valutazione del rischio stradale, a differenza del caso di tanti altri rischi, anche meno gravi in termini di danni associati, rispetto ai quali dedica invece ampia trattazione. Tuttavia, esso prevede che i Datori di Lavoro individuino tutti i rischi a cui possono essere sottoposti i loro lavoratori, li valutino, ed adottino misure opportune per la riduzione di detti rischi.
Per i lavoratori aventi la strada come luogo di lavoro, l’incidente stradale è una delle più frequenti cause di infortunio, ed il “ rischio stradale” è uno dei rischi preminenti. Può quindi non essere sufficiente, da parte del Datore di Lavoro, verificare la validità della patente di guida e richiedere ai lavoratori il rispetto delle norme del Codice della Strada per poter dire di avere valutato e trattato adeguatamente i loro rischi lavorativi. Varie sentenze della Corte di Cassazione hanno rafforzato negli anni questo concetto, aderente peraltro a quanto indicato dalla Direttiva Quadro 89/391/CEE, “madre” dei successivi disposti di legge nazionali emanati per la tutela di salute e sicurezza dei lavoratori (come il nostro D.Lgs. 81/2008).
L’importanza della questione emerge peraltro con forza considerando che, dai noti dati diffusi annualmente da INAIL, circa il 50% delle morti sul lavoro sono dovute ad incidenti stradali (avvenute in itinere o in occasione di lavoro). Il tema è peraltro molto sentito anche a livello europeo, come dimostra il recente progetto “PRAISE” sviluppato dallo European Transport Safety Council (ETSC), relativo proprio allo studio della sicurezza stradale in ambito lavorativo. Ma anche il mondo anglosassone, con le numerose pubblicazioni in materia da parte dell’Health and Safety Executive (HSE), ha consentito di porre le basi per studiare la materia in modo rigoroso, prima ancora di giungere alla stesura dello standard ISO 39001.
I costi aziendali degli incidenti stradali sul lavoro
Tanto le fonti già citate, quanto diversi altri studi, hanno poi evidenziato il problema dei costi monetari derivanti dagli incidenti stradali sul lavoro. Non entro nel dettaglio dei numeri, che cambiano naturalmente in base al tipo di organizzazione in esame. Evidenzio però che un incidente stradale sul lavoro non solo produce i costi ad esso direttamente imputabili (spese di riparazione, penali per consegne o servizi ritardati, ecc.), ma sia anche causa di pesanti oneri differiti (come i rincari assicurativi) o indiretti (mancata disponibilità per un certo periodo di persone o mezzi, danno di immagine aziendale, ecc.). Per non parlare del sempre possibile rischio di lunghi ed onerosi contenziosi legali.
La questione è ora studiata anche dai grandi gruppi assicurativi, o almeno da quelli più innovatori, i quali assistono i loro principali clienti (specie quelli con flotte molto numerose) con servizi che vanno al di là della semplice copertura dei danni dovuti ai sinistri ed arrivano ad agire quasi come consulenti per la riduzione del rischio stradale. Nella giusta convinzione che una minore sinistrosità sia un obiettivo comune, a cui sia gli assicuratori che gli assicurati debbano tendere. E, come detto, il gruppo britannico FM CONWAY Ltd., uno dei primi a conseguire in Europa la certificazione ISO 39001, ha avuto una riduzione del premio annuo del 10% da parte del suo assicuratore a fronte del solo superamento dello “stage 1” di certificazione.
Quali aziende devono muoversi per conseguire la certificazione ISO 39001?
La certificazione ISO 39001 è conseguibile da organizzazioni di qualsiasi tipo e dimensione. Ma, in particolare, essa assume senso ed utilità per le aziende di dimensioni medio-grandi, responsabili della presenza su strada di un gran numero di persone (dipendenti o meno) e mezzi (di proprietà o meno). Ed è inoltre particolarmente indicata per imprese già dotate di sistemi di gestione conformi agli standard ISO 9001 e OHSAS 18001.
Peraltro, l’approccio di un sistema organizzativo conforme ai requisiti della norma ISO 39001 è orientato alla tutela dell’incolumità non solo dei dipendenti di una data organizzazione, ma anche di tutti gli utenti della strada rispetto ai quali le attività dell’organizzazione possono avere un impatto. La certificazione di un sistema di gestione conforme a questo standard, quindi, si sposa bene anche con quelle associate ai modelli organizzativi orientati alla tutela ed al rafforzamento della responsabilità amministrativa e della responsabilità sociale d’impresa (cfr. D. Lgs 231/2001, certificazione SA8000, ecc.).
La scelta dei tempi
Le aziende del tipo descritto, in questo periodo, sono peraltro alle prese con la necessità di migliorare il proprio sistema di gestione seguendo le evoluzioni degli standard internazionali. Molti soggetti, infatti, devono gestire la transizione del sistema organizzativo interno rispetto alle nuove versioni delle norme ISO 9001 ed ISO 14001 (pubblicate nel 2015), e magari puntare anche alla certificazione ISO 45001, di prossima pubblicazione. Ed è importante ricordare come tutte le norme citate, insieme alla ISO 39001, condividono la stessa struttura, facilitando con ciò l’integrazione delle stesse e la snellezza del sistema [6].
In questo contesto, la scelta per una azienda può essere duplice. Si può infatti decidere di portare prima a termine la transizione del proprio sistema alle nuove ISO 9001 ed ISO 45001, prima di “estenderlo” per renderlo conforme anche alla ISO 39001. Al contrario, si può anche “approfittare del momento”, procedendo con la riorganizzazione del sistema in una fase unica allo scopo di integrare nello stesso anche i requisiti relativi alla sicurezza stradale e conseguendo la certificazione ISO 39001 in tempi più rapidi. La scelta dipende, chiaramente, dalle specifiche condizioni aziendali. Un supporto consulenziale altamente competente e la scelta di un ente di certificazione di spessore risultano decisivi allo scopo di stabilire la tempistica più adeguata ed evitare inutili appesantimenti nei processi aziendali.
L’implementazione del sistema
La situazione di partenza
Prendiamo il caso di una azienda con le seguenti caratteristiche: numero di dipendenti operanti in maggioranza su strada, flotta veicolare di proprietà, sistema di gestione già conforme ai requisiti dello standard OHSAS 18001.
È evidente come la presenza di un sistema di gestione già certificato OHSAS 18001 costituisca un punto di forza per l’azienda, dal momento che esso offre non solo una “cornice” procedurale (con il ciclo di pianificazione, controllo operativo, gestione degli audit, riesame, ecc. già ben rodato e funzionante), ma anche uno strumento operativo fortemente orientato alla riduzione dei rischi su strada, con procedure già in uso e specifiche di situazioni che richiedono attenzione alla sicurezza delle persone ed all’efficienza dei veicoli. Non è quindi esagerato ritenere, come peraltro ho direttamente riscontrato in varie realtà aziendali, che questa condizione consenta all’azienda di essere già “a metà strada” nel percorso di certificazione ISO 39001. E comunque, in ogni caso, il possesso della certificazione OHSAS 18001 rappresenta per l’obiettivo in questione un punto di forza, ma non una condizione necessaria.
Occorre inoltre considerare che l’approccio indicato dalla norma ISO 39001 non si limita al solo perimetro operativo aziendale, ma spazia notevolmente, per prendere in esame anche gli effetti che l’organizzazione stessa produce nei confronti del contesto in cui opera. Non basta quindi impostare il sistema solo con riferimento ai rischi a cui sono esposti i lavoratori quando sono su strada – tema che peraltro, si spera, sia già trattato adeguatamente nel documento di valutazione dei rischi (DVR) – ma anche con riferimento ai rischi che l’azienda stessa “porta” sulla strada. Rispetto a tali rischi, le persone esposte sono costituite da tutti gli “utenti della strada”. E questo, è uno dei punti rispetto ai quali, in fase iniziale, la maggior parte delle aziende si trova ad essere “scoperta”.
Altre lacune che riscontro spesso nella “gap analysis” iniziale, oltre alla trattazione superficiale del rischio stradale nel DVR, sono date dalla approssimativa gestione della manutenzione dei veicoli e, soprattutto, dall’assenza di una politica di monitoraggio e sanzionamento dei comportamenti a rischio che i dipendenti tengono su strada.
Analisi del contesto e pianificazione: Il rischio stradale nel DVR e nella ISO 39001
Integrare le procedure aziendali vigenti allo scopo di raggiungere la conformità ai requisiti ISO 39001 può essere per molte aziende un processo rapido, ma di certo non è mai banale. È alto il rischio di duplicare informazioni o procedure esistenti, dimenticare lacune su aspetti decivisi e, soprattutto, appesantire il sistema di gestione vigente in modo disorganico e senza conseguire reali benefici organizzativi, né tantomeno risultati apprezzabili in termini di riduzione del rischio e del numero di incidenti. Occorre dunque gestire la cosa con particolare accuratezza ed avvalendosi di riconosciuta competenza.
Partiamo dall’analisi del contesto, ricordando nuovamente che occorre guardare sia “all’interno” che “all’esterno” del perimetro aziendale.
“Guardare all’interno” significa approfondire la valutazione dei rischi effettuata in ottemperanza agli obblighi derivanti dal Testo Unico. Se quella del rischio stradale non dovesse essere adeguatamente dettagliata, come spesso avviene, occorre approfondirla con riferimento ad ogni singola mansione che preveda presenza su strada. Senza peraltro trascurare le attività di chi ricopre funzioni dirigenziali, molto spesso in auto per compiti commerciali o di rappresentanza.
Valutare il rischio stradale dei lavoratori non è banale: la strada non è un ambiente chiuso e delimitato come un ufficio o un sito produttivo, per i quali, invece, il datore di lavoro ha pieno potere di stabilire regole di comportamento o realizzare interventi strutturali. Su ogni strada circolano, oltre ai propri dipendenti, persone aventi motivi diversi (lavorativi o meno), con competenze diverse (in termini di formazione ed addestramento) e su veicoli di tipo diverso (leggeri, pesanti, speciali, ecc.). E, su questa miriade di soggetti che “interferiscono” con lo spostamento di un proprio dipendente (mettendolo anche a rischio), il datore di lavoro non può fare assolutamente nulla. Quello che invece può fare attiene alla sua specifica e limitata sfera di influenza, data dai propri guidatori, dai veicoli che usano e dagli spostamenti che vengono richiesti loro, come illustro nel seguito.
È evidente come, oltre all’ovvio rispetto delle normative specifiche (ad esempio in termini di patenti professionali, dispositivi di controllo per i mezzi pesanti, norme su alcool o tempi di guida, ecc.), la valutazione del rischio stradale debba portare datori di lavoro e responsabili del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) a conclusioni e misure di miglioramento adeguate. E questo, pur tenendo presente che gli incidenti causati da colpa altrui, che possiamo quasi inquadrare come “rischi sul lavoro da interferenza”, risultano sostanzialmente ineliminabili, anche se si può fare qualcosa per limitarne i danni. E ricordando inoltre come il rischio, per il singolo addetto, può variare sensibilmente in funzione delle specifiche condizioni in cui egli si trova ad operare, che possono cambiare giorno per giorno. Fin qui, quello che si intende per “guardare all’interno”.
“Guardare all’esterno” significa invece considerare i rischi che l’azienza “porta” sul territorio in cui opera, cioè sulle strade sulle quali avvengono i propri spostamenti. Ad esempio: per una azienda di trasporto pubblico, si tratta della città o provincia in cui svolge il servizio; per un corriere espresso o un autotrasportatore si tratta dell’intera rete stradale impegnata, ecc. In questo contesto, occorre fare lo sforzo, per nulla banale, di capire chi possono essere i propri interlocutori, i quali rientrano tra le cosiddette parti interessate [7]: dagli enti locali (come nel caso del trasporto pubblico) ai gestori infrastrutturali, dalle associazioni di categoria alle forze dell’ordine; dai servizi di emergenza alle compagnie di assicurazioni, ecc.
In funzione del contesto analizzato e dei rischi riscontrati, si passa poi alla fase di pianificazione delle azioni da attuare. La norma ISO 39001 richiede, a questo punto, che si ragioni in termini di “fattori di prestazione”.
Impostazione del sistema ISO 39001: i fattori di prestazione.
L’individuazione dei fattori di prestazione è uno dei punti più delicati ed importanti dell’intero processo. Essi si distinguono in “iniziali”, “intermedi” e “finali”. La loro corretta definizione consente di impostare adeguatamente l’insieme degli indicatori numerici da utilizzare per gestire correttamente le fasi di pianificazione, controllo operativo, analisi delle prestazioni e riesame del sistema.
Nella sostanza, i fattori iniziali corrispondono ai fattori di esposizione al rischio. Ad esempio, per i lavoratori, parliamo di tempi trascorsi su strada o distanze percorse, tutto ripartito il più possibile in base a mansione e condizioni particolari di lavoro. Potendo intervenire direttamente su tali fattori si avrebbe un forte effetto di riduzione del rischio. Ad esempio, le riunioni condotte in video-conferenza consentono di evitare spesso un viaggio in auto, eliminando del tutto l’esposizione al rischio derivante dall’attività in questione. Spesso, però, eliminare la presenza delle persone su strada non è possibile, come nel caso delle attività derivanti da servizi contrattualizzati (es. trasporto di merci o persone, raccolta rifiuti, pulizia o manutenzione stradale, ecc.). In ogni caso, anche ove non fosse possibile intervenire sui fattori iniziali, occorre monitorare gli stessi nel dettaglio, per consentire poi analisi accurate in termini di esiti ed evoluzione delle prestazioni.
I fattori intermedi sono le vere e proprie “leve” del sistema. Sono cioè dati dalle azioni concrete che i Datori di Lavoro possono mettere in atto per la riduzione del rischio stradale. Non mi dilungo in questa trattazione proponendo l’ennesimo elenco di indicazioni operative sul tema (es. formazione, addestramento, ecc.); ribadisco però che tali fattori devono essere individuati con cura, in quanto la loro efficacia varia molto in base alla tipologia dell’azienda ed alla situazione di rischio per il lavoratore. Vanno inoltre associati ad indicatori chiari e “misurabili”, per poter impostare su di essi obiettivi e piani di miglioramento in modo adeguato (es. percentuale di conducenti che hanno frequentato un corso di guida sicura, numero e periodicità degli audit interni sulla sicurezza stradale, infrazioni commesse alla guida, ecc.).
I fattori intermedi di prestazione vanno individuati in funzione del tipo di azienda, cercando di coprire le tre aree fondamentali di intervento: “uomo”, “veicolo” e “spostamento”. Suggerisco qualche indicazione specifica: per la componente “uomo” ci si orienta su formazione, addestramento e preparazione alle emergenze; per la componente “veicolo” si cerca di migliorare le procedure di gestione e manutenzione dei veicoli (ad esempio con nuovi strumenti per la sicurezza delle flotte aziendali); per la componente “spostamento” si ragiona su come ridurre o gestire il numero di spostamenti effettuati in condizioni di rischio. Ma solo scendendo nel dettaglio del contesto organizzativo è possibile pervenire alla definizione dell’insieme corretto dei fattori intermedi, considerando spesso che, peraltro, alcuni di tali fattori possono essere già presenti come elemento del sistema di gestione vigente o come misura di miglioramento derivante dalla valutazione dei rischi.
I fattori finali costituiscono infine il “risultato” delle prestazioni dell’azienda in termini di sicurezza stradale. Parliamo quindi del numero di incidenti avvenuti su base periodica (es. annuale), suddivisi per tipo di mezzo, mansione lavorativa, esito (es. con lesioni a persone o meno), giorni di lavoro persi da persone e veicoli, ecc. Ed è bene comprendere in tale elenco anche i tanti fattori “sentinella”, come ad esempio il numero di avarie occorse ai mezzi, quello di infrazioni al codice della strada commesse dai lavoratori, o ancora, il monitoraggio e l’analisi degli esiti di alcool e drug-test a cui sono sottoposti i conducenti aziendali (sia in occasione della sorveglianza sanitaria che a seguito di controlli su strada da parte delle forze dell’ordine). I valori relativi a tali indicatori devono poi essere monitorati ed analizzati periodicamente, per capire se le azioni messe in campo (date dai “fattori intermedi”) sono efficaci o meno. E, allo scopo di una buona analisi, è opportuno rapportare tali valori a quelli dei fattori iniziali (es. il numero di sinistri, infrazioni o avarie mensili va rapportato alle percorrenze fatte o alle ore trascorse su strada nello stesso periodo, e così via).
Il sistema di gestione
Tutto quanto ho descritto va inquadrato e gestito nel normale ciclo del sistema di gestione vigente, che non costituisce solo una cornice formale ma è anzi lo strumento operativo con cui eseguire le varie procedure individuate. In fase di avvio del sistema ISO 39001 sta poi al responsabile aziendale del sistema (l’”HSE Manager”) decidere se, nell’ottica dell’efficienza aziendale e dell’integrazione delle varie norme di sistema, possa essere utile eseguire fin da subito audit interni congiunti sulle diverse norme o procedere invece in prima battuta con uno specifico approfondimento sul tema del rischio stradale. E, in sede di riesame delle prestazioni, è bene che la direzione si ponga obiettivi di miglioramento adeguati su un orizzonte temporale di medio termine (ad esempio su tre anni), verificando però almeno annualmente l’andamento delle prestazioni ed il gap residuo rispetto agli obiettivi. Il tutto, senza dimenticare la necessità di un impegno fattivo e convinto da parte delle figure dirigenziali [9], che sullo specifico tema corrono spesso il rischio di ritenersi “al di sopra delle parti” e quindi libere di comportarsi in difformità rispetto alle prescrizioni date ai loro stessi dipendenti e riportate nella politica aziendale. Una lacuna su tale aspetto può, in molti casi, pregiudicare l’efficacia dell’intero sistema.
Conclusioni
Con una implementazione adeguata del sistema e con azioni serie e convinte, in un triennio è possibile arrivare ad una riduzione di incidenti, sinistri e costi ad essi associati in misura pari al 50% ed oltre, come dimostrano le migliori esperienze europee nel settore. Ed ai vari benefici economici (riduzione dei costi di riparazione e dei tempi di indisponibilità di persone e veicoli, riduzione dei costi assicurativi, accesso ad incentivi INAIL, ecc), si sommano quelli gestionali (con una migliore efficienza aziendale), giuridici (con tutele rafforzate riguardo alla responsabilità di impresa) e di immagine (con un forte riconoscimento di carattere innovativo e di responsabilità sociale da far valere rispetto alla concorrenza).
Per le aziende di dimensioni minori, e magari neanche dotate di un sistema conforme ad OHSAS 18001, la strada può essere più lunga ed i costi da sostenere più rilevanti. Il consiglio, in questo caso, può essere quello di far effettuare solo una rapida “gap analysis” da parte di una figura esperta, per verificare quanto i requisiti dettati dalla norma ISO 39001 possano essere distanti o meno dallo stato attuale, e decidere solo dopo se, e con che tempi, procedere alla implementazione del sistema. Il tutto, tenendo presente quanto già detto in tema di evoluzione delle norme ISO ed opportunità di integrazione dei sistemi di gestione.
Per le aziende più grandi il discorso è diverso. Quelle più avvedute stanno da tempo implementando, all’interno dei loro sistemi di gestione, azioni e procedure specifiche per la riduzione del rischio stradale (dai corsi di guida sicura alla formazione specifica con psicologi del traffico; dall’uso di sistemi GPS per il monitoraggio della guida al sanzionamento dei dipendenti che commettono infrazioni al Codice della Strada, e così via). Per tali organizzazioni, il conseguimento della certificazione ISO 39001 è un passo ormai quasi inevitabile, oltre che relativamente rapido. E quelle con datori di lavoro e dirigenti dotati di competenza e lungimiranza non potranno che percorrerlo a breve.
Marco De Mitri, Esperto in rischio stradale sul lavoro.
Tratto da PuntoSicuro.it