Il datore di lavoro può rilevare la temperatura corporea del personale dipendente o di utenti, fornitori, visitatori e clienti all’ingresso della propria sede? | SI – Si può rilevare la temperatura corporea del personale dipendente, dei visitatori e clienti nonché dei fornitori per l’accesso ai locali e alle sedi aziendali. La rilevazione in tempo reale della temperatura corporea, quando è associata all’identità dell’interessato, costituisce un trattamento di dati personali e non è ammessa la registrazione del dato relativo alla temperatura corporea rilevata. È consentita la registrazione nella sola circostanza del superamento della soglia stabilita dalla legge e comunque solo quando sia strettamente necessario documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso al luogo di lavoro. |
L’amministrazione o l’impresa possono richiedere ai propri dipendenti di rendere informazioni, anche mediante un’autodichiarazione, in merito all’eventuale esposizione al contagio da COVID 19 quale condizione per l’accesso alla sede di lavoro? | SI – Tra le misure di prevenzione e contenimento del contagio che i datori di lavoro devono adottare in base al quadro normativo vigente, vi è la preclusione dell’accesso alla sede di lavoro a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS. A tal fine, anche alla luce delle successive disposizioni emanate nell’ambito del contenimento del contagio, è possibile richiedere una dichiarazione che attesti tali circostanze anche a terzi (es. visitatori e utenti).
In ogni caso dovranno essere raccolti solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da Covid-19, e astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva, alle specifiche località visitate o altri dettagli relativi alla sfera privata. |
Quali trattamenti di dati personali sul luogo di lavoro coinvolgono il medico competente? | In capo al medico competente permane, anche nell’emergenza, il divieto di informare il datore di lavoro circa le specifiche patologie occorse ai lavoratori.
Nell’ambito dell’emergenza, il medico competente collabora con il datore di lavoro e le RLS/RLST al fine di proporre tutte le misure di regolamentazione legate al Covid-19 e, nello svolgimento dei propri compiti di sorveglianza sanitaria, segnala al datore di lavoro “situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti”. Ciò significa che, nel rispetto di quanto previsto dalle disposizioni di settore in materia di sorveglianza sanitaria e da quelle di protezione dei dati personali, il medico competente provvede a segnalare al datore di lavoro quei casi specifici in cui reputi che la particolare condizione di fragilità connessa anche allo stato di salute del dipendente ne suggerisca l’impiego in ambiti meno esposti al rischio di infezione. A tal fine, non è invece necessario comunicare al datore di lavoro la specifica patologia eventualmente sofferta dal lavoratore. In tale quadro il datore di lavoro può trattare i dati personali dei dipendenti solo su specifica segnalazione del medico competente, nello svolgimento dei propri compiti di sorveglianza sanitaria. |
Può essere resa nota l’identità del dipendente affetto da Covid-19 agli altri lavoratori da parte del datore di lavoro? | NO – Il datore di lavoro è comunque tenuto alla ricerca dei contatti stretti in modo tale da fornire alle istituzioni competenti le informazioni necessarie affinché le stesse possano assolvere ai compiti e alle funzioni previste anche dalla normativa d’urgenza adottata. Al fine di tutelare la salute degli altri lavoratori, in base a quanto stabilito dalle misure emergenziali, spetta alle autorità sanitarie competenti informare poi i “contatti stretti” del contagiato, al fine di attivare le previste misure di profilassi. |
Il datore di lavoro può richiedere l’effettuazione di test sierologici ai propri dipendenti? | SI – Solo se disposta dal medico competente e, in ogni caso, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, anche in merito all’affidabilità e all’appropriatezza di tali test.
Solo il medico competente, infatti, in quanto professionista sanitario, tenuto conto del rischio generico derivante dal Covid-19 e delle specifiche condizioni di salute dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici e suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, qualora ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori. Le visite e gli accertamenti, anche ai fini della valutazione della riammissione al lavoro del dipendente, devono essere posti in essere dal medico competente o da altro personale sanitario, e, comunque, nel rispetto delle disposizioni generali che vietano al datore di lavoro di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti. I datori di lavoro possono offrire ai propri dipendenti, anche sostenendone in tutto o in parte i costi, l’effettuazione di test sierologici presso strutture sanitarie pubbliche e private senza poter conoscere l’esito dell’esame. |
Il datore di lavoro può trattare i dati personali del dipendente affetto da Covid-19 o che ne presenta i sintomi? | SI – Sebbene, di regola, i dati personali relativi alle specifiche patologie di cui sono affetti i lavoratori possano essere trattati solo da professionisti sanitari e non anche dal datore di lavoro, quest’ultimo, in taluni casi, nel contesto dell’attuale emergenza epidemiologica, può lecitamente venire a conoscenza dell’identità del dipendente affetto da Covid-19 o che presenta sintomi compatibili con il virus.
Ciò, in particolare, può verificarsi quando ne venga informato direttamente dal dipendente, sul quale grava l’obbligo di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Alla luce del quadro normativo vigente, il datore di lavoro può quindi trattare i dati personali del dipendente affetto da Covid-19 o che ne presenta i sintomi e può conoscere la condizione di positività al Covid-19: – quando ne venga informato direttamente dal lavoratore; o – nei limiti in cui sia necessario al fine di prestare la collaborazione all’autorità sanitaria; o – ai fini della riammissione sul luogo di lavoro del lavoratore già risultato positivo all’infezione da Covid-19. |
Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione? | NO – Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato
vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. |
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2021